Vivere in una grande città significa, tra le altre cose, adeguarsi a una concezione del tempo che obbedisce per lo più ai ritmi di lavoro e alle mutevoli condizioni climatiche. Per chi vive in un’isola del Mediterraneo non è così.
Il persistere, nonostante le pressioni omologanti della modernità, di una concezione armonica e circolare del tempo è senza dubbio uno dei dati più interessanti dell’insularità. A Ischia poi le radici, i valori, sono ancora quelli contadini e marinari, caratterizzati da un modo di pensare che procede sempre per “induzione” dai particolari della cura del terreno o dell’andar per mare, alla più generale visione della vita e dei rapporti sociali.
I dettagli sono fondamentali. Una pioggia di agosto può essere una seccatura per un territorio che vive di turismo, ma anche una manna per il processo di maturazione dell’uva locale. La stessa vendemmia – dalla seconda metà di settembre alla prima decina di ottobre – è per gli ischitani un vero e proprio “rito di passaggio” dal tempo veloce dell’estate a quello lento dell’autunno e dell’inverno.
Allo stesso modo, se il mese di settembre evoca generalmente il ritorno a scuola, al lavoro, alle incombenze quotidiane, per i pescatori di Ischia significa tempo di pesca alle lampughe, oggi pregiato pesce azzurro e che tuttavia nella memoria e nella percezione dei locali rimane pescato povero, buono per il popolo.
Queste sono solo piccole annotazioni di un diverso approccio al problema fondamentale del tempo, o meglio della sua costante “accellerazione”, che oggi, sotto la spinta del progresso tecnologico, sembra pervadere ogni aspetto della vita.
Ecco perchè un posto come Ischia continua ad avere il suo fascino. Certo, per le sue straordinarie bellezze paesaggistiche e ambientali, per il suo clima e le sue rinomatissime terme. Ma soprattutto perchè continua a evocare la possibilità di organizzare l’esistenza in modo diverso, se vogliamo, con un approccio meno, o non soltanto, consumistico.
Erri De Luca è lo scrittore che meglio ha spiegato questo stato d’animo, ribaltando completamente l’immagine di Ischia come sola meta esotica e di svago, o peggio di un luogo chiuso, limitato, rispetto alle aperture e alle opportunità di una città come Napoli. Al contrario, nella poetica dello scrittore è la città partenopea ad evocare chiusura, non fosse altro per la fatica che fanno il sole, la luce, a penetrare in molti vicoli e quartieri del centro storico. A dispetto, anche qui, dell’abusatissimo stereotipo di Napoli come paese del sole e del mare.
Se uno ci mette poi lo sfizio di un bagno termale, un massaggio, una sauna o perchè no, di un tuffo (anche) invernale nel mare di Ischia, ecco che il cambio di prospettiva è totale e ci si renderà conto che i benefici di una vacanza a Ischia oltre che fisici, sono anche e soprattutto psicologici e spirituali.
Del resto, proprio il termalismo è il settore nel quale negli ultimi anni si è passati in maniera decisa da una visione prevalentemente clinica delle cure, a un’altra in cui è la “dimensione esperenziale” a fare la differenza. Gli hotel di Ischia hanno accettato la sfida e, accanto alla domanda tradizionale, hanno iniziato a lavorare su un segmento turistico diverso, quello dei cosidetti “curisti”, persuasi dalla filosofia del wellness e da una vera e propria ideologia del corpo.
Senza considerare le tante cose da fare e vedere a Ischia, la più grande e importante isola del Golfo di Napoli che, vale sempre la pena ribadire, è molto di più che una banale località balneare, ma un territorio in grado di svelare, a chi a voglia e testa di conoscerlo, particolari sempre nuovi della sua millenaria storia.